Buongiorno. È venuto per me il
momento di affrontare, ormai alla fine di questa estate 2013 un tema scottante.
Un vero e proprio cancro, una malattia che imperversa ogni anno sulle spiagge
italiane e contro cui nessuno ha il coraggio di schierarsi. Ma io non ho paura,
non faccio parte di lobby potenti, non ho sponsor compiacenti, sono un cane
libero, una voce fuori dal coro. Quindi non ho timore nel dire che il BEACH
VOLLEY ha rotto la minchia. Intendiamoci, non lo sport di per sé, che anzi, mi
piace abbastanza, ma il beach (come lo chiamano i veri sportivi da spiaggia)
applicato all’estate in Riviera. Il beach appartiene a tutta quella serie di
sport che sono sport per finta, che vengono praticati da chi fa sport per tre
mesi all’anno. Sono i rifugio per gli slanati, che tra una banana split e il
fritto imperiale, un po’ per noia, un po’ per colpa, si illudono di “dai così
facciamo un po’ di moto che ci rassodiamo”(per rassodarli bisognerebbe metterli
a bollire un paio d’ore, ndr). Insomma è un po’ come il calcio saponato o i
racchettoni, un surrogato dello sport della vita vera che trasposti sulla
spiaggia diventano passatempi per quelli a rischio panza.
Il campo da beach è chiaramente
sempre pieno e, dato che generalmente si trova in spiaggia libera, la lotta per
giocare trasforma il lido nel Far West. Si formano, già alle dieci di mattina
delle code da Mirabilandia il ponte di Ferragosto. Allucinante. Poi chiaramente
non c’è ombra, salvo quella stretta e lunghissima dei paletti, e vedi la gente
in coda a bordocampo saltare da un piede all’altro, che sembra di stare ai
Campionanti italiani di taranta agonistica. I più infami applicano la tecnica
del “ ascolta guarda noi dobbiamo andare via un secondo, resta tu qui che sennò
ci rubano il posto, tanto arriviamo subito” e il più stronzo della brigata ci
crede pure e viene abbandonato sotto un sole manesco come un cane in
autostrada.
Il campo oltre essere sempre pieno è
sempre al sole. Anche la sera. Ed è l’unico punto geografico del globo in cui
entrambe le metà campo sono controsole. Questo significa che la sabbia, già di
prima mattina, raggiunge il punto di fusione del Californio. In poco tempo
l’odore che si diffonde è quello del pollo cotto sulla piastra e le piante dei piedi iniziano a perdere la
pelle come i peperoni. Il sudore inizia a colare a taniche, rendendoti viscido
come il bambino della pubblicità del Vape. Il momento magico è chiaramente
quando, preso dal furore agonistico, ti lanci per prendere una palla, che non
prenderai, stendendoti a pelle di leopardo sul campo. Ora. A me da fastidio la
sabbia che si attacca ai piedi quando sali dal mare, figuratevi la doppia
panatura total body con cui benedico ogni match l’effetto distensivo che può
avere.
Veniamo ai soggetti che normalmente
popolano l’arena.
Innanzi tutto c’è il CAMPIONE
MOTIVATO, ossia quello che sulla spiaggia ha voglia di tribolare. Ha bisogno di
fare 12000 attività, perché il riposo sotto l’ombrellone è tempo sprecato. È
quello che ha le fregole. Costringe tutti gli amici ad andare a giocare, e se
non ci vanno cerca dei compagni a cui aggregarsi in loco, e se non ci sono
cazzo piuttosto gioca da solo. Generalmente gioca dalle due alle sei ore
filate, scatenando l’ira di chi è in coda. Si ferma o per un colpo di sole o
per una botta di disidratazione. Gli amici ne raccoglieranno i poveri resti e
li tumuleranno in una sacca da palestra. A seguire il CAMPIONE MARPIONE, quello
che gioca come dovere estetico. Gioca perché è bello e, dato che è pure
generoso, non vuole privare la spiaggia della sua magnifica presenza. Gioca con
l’occhiale da sole fisso, tirandosi su il costume, solo per mostrare la gamba
che gli è valsa il Quadricipite d’argento per tre anni di fila. Fa lo
splendido, facendo le battute alle ragazze più carine, umiliando gli altri
compagni di squadra con frecciate da vero maschio alpha. Generalmente il gadano
vero, in queste occasioni, ha un culo disarmante, che gli permette di mettere
palle improbabili, spacciandosi come astro nel firmamento del volley. Nella
realtà la sua carriera sportiva è costituita da trazioni, addominali e il
cruciverba che c’è in fondo a Donna Moderna, ma nessuno lo saprà mai. Il
CAMPIONE MANCATO è quello che entra in campo e si sente in Nazionale. Prende la
faccenda dannatamente sul serio, al punto da costringere la sua squadra a fare
un paio di giorni di ritiro prima della partitella. Si porta da casa i lucidi
per la pretattica. È carico come una bestemmia durante la giornata nazionale del mignolo contro lo spigolo.
Ad onore del vero, di solito, è una seghina loffia o, al più, un giocatore
normale. Lo riconosci perché è quello che fa più versi di tutti: per lo sforzo,
di esultanza, per spronare la squadra. Dispensatore seriale di consigli e
commenti tecnici, non sta zitto un secondo. Giocatore, CT e DS nella stessa
persona, uno e trino. È la causa principale della violenza negli stadi. Il
CAMPIONE DI MOQUETTE. Quello che non ci voleva venire. È stato costretto a
giocare perché “dai che così siamo pari”. Non si trova esattamente a proprio
agio, anzi. Lo si riconosce perché è quello che dovunque lo metti sembra
giocare con le stampelle, tranne in battuta dove, votandosi a tutti i santi
beati e martiri, mette qualche punto per salvare la dignità. È quello che la
rivincita non la vorrebbe mai se non a tavolino. È quello che, nel far le squadre, gli altri
giocatori si spartiscono “preferite palla, campo o lui?”. Per finire c’è il
CAMPIONE ATTEMPATO, quello che la crisi di mezz’età ha travolto come il crollo
di un balcone. Si sente ormai invecchiare, i figli lo zavorrano e ogni giorno
fa sempre più fatica ad alzarsi dal letto. Per non morire si rifugia in queste
attività che lo fanno tornare, almeno per un paio d’ore, giovane. Lo vedi che
si lascia andare a sforzi sportivi al limite dell’angina pectoris, dissimula
una prestanza fisica che non ha (pagherà tutta questa attività la notte stessa,
con un mal di schiena cattivo come l’Inquisizione e sarà costretto a dormire a
testa in giù come Batman) fa il pavone con ogni esemplare femminile anche solo
passabile, rischiando la querela e un divorzio multimilionario, e affida i
figli al venditore di cd masterizzati pur di non averli tra i maroni.
È da segnalare che , talvolta, in
mezzo a questa combriccola di fenomeni
da circo è rilevata la presenza di uno sportivo vero. Ma, come nelle acque
minerali, solo in tracce.
Ben detto! Io sono l'antisportiva per eccellenza e la spiaggia è l'unico luogo dove posso polleggiare senza sentirmi totalmente inutile.. quindi beach volley ma anche no! :)
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